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Immagine del redattoreJ.C. CASALINI

11/9, IL GIORNO DELL'ODIO

Aggiornamento: 14 set 2021

Le immagini dell'undici settembre, o 11/9, susciteranno sempre emozioni confuse del perché tanto odio espresso con ricercata visibilità. Esse resteranno indelebili nell'archivio mnemonico neuronale delle nostre generazioni a cavallo del tragico evento, testimoni di una diretta televisiva del crollo delle Twin Towers a New York, colpite da due aerei (American Airlines 11 e della United Airlines 175 ) dirottati da alcuni Jihadisti di Al-Qaeda, a cui si sono aggiunti l'impatto al Pentagono di un terzo aereo (American Airlines 77) e di un quarto (United Airlines 93), precipitato con la reazione dei passeggeri prima che potesse raggiungere Washington, sede della Casa Bianca (1). Khalid Sheikh Mohammed considerato una delle menti dietro gli attentati è stato catturato 18 anni fa e imprigionato a Guantanamo; purtroppo in base alla Convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra egli

non ha potuto ottenere ancora oggi un processo civile e trasparente (2). Mentre Osama Bin Laden, il fondatore di Al-Qaeda, che avrebbe potuto dissipare ogni dubbio, è stato ucciso da un commando Seal e da agenti CIA ad Abbottabad in Pakistan (3) e il suo cadavere gettato in mare.

Non si potrà mai parlare in futuro di 'memoria' con la stessa accezione e intensità degli eventi della Shoah, poiché la verità dietro l'attentato non è ancora venuta fuori. Sono ancora troppi i dubbi, attorno alla vicenda. Wikileaks ha tentato di dissiparne alcuni recentemente (4) rivelando contatti sospetti tra le parti coinvolte. Per le successive generazioni, scemato il clamore della ferita inferta, la data diventerà più che altro oggetto di studio con cui, ci auguriamo, poter togliere il velo della segretezza del perché la più grande potenza militare del mondo abbia palesato la sua vulnerabilità, volente o nolente. In una partita a scacchi, il sacrificio di un pezzo - in questo caso addirittura due Torri - che consente di vincere successivamente la partita, viene annotato come mossa eccezionale con doppio punto esclamativo. Oggi, che conosciamo l'esito di una guerra ventennale fallimentare in Afghanistan e la persistenza di attentati in tutto il mondo degli ultimi anni, l'annotazione del contrattacco successivo all'11/9 dovrebbe essere trascritta con un insolito triplo punto interrogativo perché, all'apertura del dialogo verso gli altri e soprattutto con se stessi, gli Americani hanno preferito alzare uno scudo e scatenare una guerra ancora più violenta e sanguinaria, deresponsabilizzandosi dall'accaduto del World Trade Center. I vari Presidenti che si sono succeduti non hanno mai espresso un 'mea culpa'. Di fatto, nell'abbattimento delle Torri, le Forze Armate Statunitensi sono state legittimate nella deroga degli accordi internazionali sui diritti dell'uomo e nell'applicazione di misure repressive in territorio straniero. L'altra abile mossa della loro strategia bellica è stata quello di coinvolgere la nascente Europa mettendola in difficoltà e in imbarazzo, nella impossibile condivisione di scelte mature tra tutti gli stati membri, ancora impegnate nel definire una propria Costituzione avendo dato priorità all'emissione dell'Euro, moneta concorrente al Dollaro l'anno prima.

Le motivazioni dello Jahidista non nascono per caso. Hanno origini radicate nel passato, dall'interferenza occidentale continua nella loro vita. L'affinità islamica dei proseliti trova nella nella mancata integrazione nei paesi occidentali ospitanti diffidenti e superbi, una disperazione comune di linguaggio e di credo. Il focolaio dell'ingiustizia era pronto da tempo poiché l'odio verso gli infedeli è stato alimentato dalla rabbia dei meno abbienti e dei discriminati contro chi ostenta uno status quo economico, che ha fatto del giudizio di ogni individualità la definizione della grandezza del sé e delle differenze sociali, attraverso il parametro di una ricchezza prodotta e accumulata a discapito di chi non può e non potrà mai raggiungerla.

Non degniamo attenzione al più indigente se non quando è conveniente farlo e solo sotto i riflettori della vanità. Continuiamo a sostenere che l'Occidente sia sempre presente nella solidarietà ove necessaria nel mondo, ma è sempre a fronte di ogni emergenza. È già buona cosa, ma non basta. Mai che si concretizzi una volontà di equilibrare il benessere di tutti gli abitanti della terra per uscire dall'emergenza. Il supporto occidentale offerto a chi soffre è diventato un modo per espiare la propria colpa nel saccheggio mondiale perpetrato a popoli ed etnie. Le donazioni restituiscono solo in parte ciò è stato sottratto loro, mentre le sovvenzioni nazionali assembrano nei campi profughi gli sfollati delle guerre in una sempiterna condizione. Nella strategia militare degli Americani, il profugo diventa una pedina per generare tensione nelle frontiere coinvolte e problemi sociali in una Europa dove l'accoglienza, figlia del pensiero Cristiano, viene continuamente disattesa. Peraltro, basta navigare su internet, tra le fonti accreditate e accertate, per scoprire che solo un terzo delle donazioni arrivano a destinazione (5). Il resto viene assorbito nelle infrastrutture dispendiose di uffici, stipendi, premi, bonus, relazioni, eventi, pubblicità come è nella 'scuola di pensiero' di ogni azienda privata nel contesto di un sistema neoliberista, in cui l'avidità 'pigliatutto' lascia arrivare a destinazione solo le briciole. Quello che ci viene venduto è una discutibile ciclicità economica venduta come donazione.

Inoltre gli Stati Uniti spendono oltre 750 miliardi di dollari in armamenti (6). Sono soldi che avrebbero potuto essere spesi diversamente in una sincera economia alternativa, solidale e integrale e non solo apparente; soldi che avrebbero risolto ogni disparità nell'approvvigionamento alimentare di circa 800 milioni di essere umani che conoscono e soffrono la fame ogni giorno. Gli importi diventano ancora più evidenti quando parliamo di economia globale: Il Pil mondiale annuale è di circa 85.000 miliardi di dollari, il denaro circolante ed investito in tutto il mondo è 1,3 quadrilioni di dollari (7), a fronte di 8 miliardi di abitanti. Con un breve calcolo veloce comprendiamo tutti che la ricchezza è ancora distribuita male, anche perché solo l'1% della popolazione mondiale detiene la ricchezza del restante 99% (8).

Esiste un legame perverso del capitalismo con la povertà nel mondo. Non sono due entità separate. Sono l'una legata all'altra. Entrambe esistono grazie all'altra nell'abbraccio vitale simile tra fratelli siamesi, di carne e di sangue. Sono forze opposte ed equivalenti che si sorreggono a vicenda. Gli Stati Uniti, incapaci di cogliere l'urlo della sofferenza della sua controparte, ha dato seguito alla spietatezza acuendo ulteriormente l'odio in chi subisce l'arroganza e l'oppressione del potere. In un contesto di disagio sociale globale, il sottobosco dei sentimenti negativi arriva a cogliere il piacere nella rivalsa e nella brama di far provare la sofferenza al suo antagonista. È l'odio che riempie i vuoti mai colmati di amore a generare il desiderio di vendetta. È quello digerito negli intestini vuoti ad augurare i peggiori auspici di morte del nemico. È l'odio coltivato nell'oblio altrui del proprio malessere a richiedere una visibilità con veemenza, che spinge il suicida, finanziato e manipolato da esseri scaltri e cinici, a salire sugli aerei che si deflagrano nel cuore di pietra del suo carnefice. Lo Jihadista non sapeva però che il capitalismo con tutte le sue varianti figlie di un pensiero economico mai altruista, non ha un cuore da scalfire perché esso è un sistema innaturale e artificiale, un Leviatano culla dei desideri umani implacabili, gli stessi che hanno scatenato l'odio tra le parti e dato vita ad un terrorismo reciproco.




(4) https://twitter.com/wikileaks/status/1436706109058863112?

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Composizione immagine digitale dell'Autore.


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